Il rifugio la storia del mio nuovo laboratorio

Ho vissuto nel mio palazzo per 25 anni ma non ho mai saputo che nascondeva un luogo di interesse storico. Sapevo che esisteva una cantina nel palazzo dove c’erano le pompe anti rigurgito della fognatura, ma non ci sono mai andata.

Pensavo fosse uno stanzino piccolo dove c’erano questi macchinari che impedivano all’acqua fognaria di risalire e allagare lo scantinato, non avevo quindi motivo di scendere a vederlo.

Quando a malincuore ho lasciato il laboratorio di Riccardo perché era troppo lontano, ho cominciato a cercare vicino casa un box o una cantina dove creare il mio laboratorio e cominciare a concretizzare il mio percorso di shaper.

Un giorno mio padre mi ha detto di andare a vedere la cantina, lui aveva le chiavi e quando ho varcato la soglia ho capito che la ricerca era finita. Lo spazio è veramente ampio sono circa 30 metri divisi in due stanze.

Ho capito che avevo trovato il mio spazio. Il rifugio è stato costruito alla fine degli anni ’30 come rifugio antiaereo. Durante i bombardamenti di Roma, molti quartieri fra cui anche il mio sono stati colpiti dagli ordigni e molti palazzi sono stati danneggiati.

Il rifugio disponeva di una scaletta accessibile dalla strada e dava la possibilità a chi riusciva ad accedere di trovare protezione dalle bombe che cadevano sulla città.

Se chiudo gli occhi mi sembra di vederli, ammassati in questo spazio buio, tremanti di paura, con la speranza di riuscire a sopravvivere all’attacco.

Negli anni ’60 il rifugio è stato il luogo in cui far transitare senza alcun tipo di riguardo cavi della luce, dell’acqua e del telefono e poi più di recente le necessarie pompe anti rigurgito.

Le pareti sono state ricoperte da centimetri di intonaco inutile, il pavimento riempito da materiali di risulta. La bonifica dei cavi e la ripulitura delle pareti è un lavoro lungo e impegnativo.

Negli ultimi mesi sono transitate squadre di tecnici per la fibra, per i cavi telefonici e quelli elettrici. Sono state aperte e richiuse tracce, fatto scavi, bonificato cavi vetusti.

La cosa più penosa per me è dover aspettare ancora per finire di sistemarlo. Come ogni cosa nella mia vita non riesco mai ad avere tutto subito o in maniera semplice.

Quando ho visto il rifugio sapevo che non sarebbe stato facile, economico e rapido. Sapevo che dentro c’erano decenni di interventi fatti in modo scellerato e superficiale ai quali porre rimedio.

Piano piano la sua bellezza e il suo antico splendore stanno venendo fuori, il muro a mattoncini romano, il perduto pavimento originale. Sono felice di riuscire a recuperare lentamente un pezzo importante per la nostra storia, soprattutto per il mio quartiere, e spero, nell’arco di pochi mesi, di farlo diventare il mio posto, il mio rifugio dove dar vita alle mie tavole.

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