Dalla parte delle bambine, sempre.

Di fronte alle terribili immagini di Kabul di questi giorni mi sono resa conto di essere impotente. Sono cresciuta in un paese libero dove mi è stata data la possibilità di studiare, lavorare, uscire, viaggiare, scegliere chi amare, seguire i miei sogni. In molte parti del mondo questo non è possibile e ogni volta che penso alla barbarie delle spose bambine sento il gelo corrermi lungo la schiena.

In questi giorni non riesco a pensare ad altro che a bambine, ragazze e donne afghane che vanno a scuola, all’università o al lavoro e che ora vedono la loro vita, le loro abitudini vacillare e probabilmente scomparire per sempre.

E se capitasse a noi? Se venissero nella nostra città, ci intimassero di non andare più a scuola o a lavorare, ci obbligassero a sposarci anche se appena adolescenti cancellando la nostra intelligenza, sogni e passioni? Ci sembra assurdo vero? Invece questa è la realtà in molti paesi del mondo.

La situazione di Kabul ci è stata mostrata in tutta la sua crudeltà, ma di tante storie analoghe non siamo nemmeno a conoscenza. Impotenza. Questa è la sensazione orribile che ho provato. Io da qui non posso fare nulla per nessuna di loro.

Le loro vite non valgono meno della mia ma io non so come aiutare queste povere bambine, ragazze e donne. Non conosco la storia dell’Afghanistan come non conosco quella di molti paesi martoriati dalle guerre o dove i diritti umani valgono meno di niente.

Vivo qui con la consapevolezza di essere fortunata, perché nascere donna in alcuni luoghi è una condanna a una vita di abusi e sofferenze. Ma sono impotente, vorrei fare qualcosa ma non so da dove cominciare.

L’unico modo che ho di esorcizzare questo senso di impotenza è scrivere e chiedere a chi conosce realtà concrete che aiutano le donne afghane a condividerle in modo che ognuno di noi nel proprio piccolo possa dare un piccolo contributo.

Ragazza afghana
illustrazione di Shamsia Hassani
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